La statua della Madonna del Leandro a Motta San Giovanni e la Messina artistica del Rinascimento

A Motta San Giovanni, custodito in una piccola chiesetta in località Olenadro, si trova un preziosissimo gioiello dell’arte scultorea rinascimentale: una bellissima statua marmorea di una Madonna con Bambino alla quale tutti i mottesi sono molto devoti. Un’opera d’arte molto bella e particolarmente importante che arricchisce, impreziosisce e nobilita il già ricco patrimonio artistico custodito nelle chiese del territorio di Motta San Giovanni e che documenta e testimonia ancora una volta, la centralità di questo territorio non solo dal punto di vista geografico cosa che appare scontata ma anche e soprattutto sotto il profilo artistico-culturale.

La Sicilia in generale e Messina insieme a Palermo in particolare, nel XVI secolo costituirono sotto il profilo artistico-culturale, uno dei luoghi di maggiore rilievo e importanza dell’intera Penisola; un luogo nel quale si manifestò quella naturale continuità artistica già avviata in città come Firenze, Roma e Napoli divenendo esse stesse i centri propulsori per la diffusione dell’arte rinascimentale, frutto di quel compromesso stilistico tra il classicismo rinascimentale, il substrato culturale tardo medievale e gli influssi fiamminghi e gotici.

Occorre inoltre evidenziare che Messina ebbe, fin dal XV secolo anche importanti legami di natura economico-commerciale con le città della Lega Anseatica che contribuirono ad aprire prima e a rafforzare dopo, i contatti con esponenti dell’arte fiamminga come Jan van Eyck e Antoon van Dyck e tanti altri, che in alcuni casi giunsero proprio nel corso del XVI-XVII secolo sull’Isola e nella stessa Messina contribuendo a offrire agli artisti locali, le loro esperienze maturate nel campo artistico.

Relativamente al Rinascimento artistico in Sicilia, lo si può fare iniziare già intorno al 1460 con personalità di tutto rilievo come il pittore Antonello da Messina, lo scultore, architetto e medaglista italiano Francesco Laurana e lo scultore Domenico Gagini che da Bissone in Svizzera giunse a Palermo avviando una importante scuola d’arte i cui contributi furono notevoli e prestigiosi non solo in Sicilia ma anche in Calabria.

Fino a qualche decennio addietro la storiografia artistica ha relegato la Sicilia e la stessa Città del Faro, in una posizione secondaria nel contesto della cultura artistica del tempo; oggi grazie a recenti studi e ad una complessa operazione di rivalutazione delle opere d’arte a noi pervenute, la storiografia artistica ha riconosciuto invece un ruolo di primo piano nella cultura rinascimentale del XVI-XVII secolo sia relativamente all’area dello Stretto che dell’intero bacino mediterraneo.

A Messina tra le personalità più rappresentative sicuramente meritano di essere menzionati lo scultore Giorgio da Milano, lo scultore Andrea Mancino e il carrarese Giovan Battista Mazzolo, titolare di un’importante bottega, a cui si affiancò il messinese Antonio Freri, attivo anche a Catania, senza contare la presenza di Antonello Gagini, figlio di Domenico, documentata a Messina tra il 1498 e il 1507.

La presenza di queste importanti e preparate personalità della cultura artistica, contribuì notevolmente ad arricchire il prestigio della città e a diffondere le loro produzioni non solo sull’Isola ma anche nella Calabria con un ricco repertorio di opere classico-rinascimentali.

Nel corso del XVI secolo inoltre nella città di Messina giunsero anche numerosi e importanti scultori toscani, che dominarono il panorama culturale della città per un lungo periodo, diffondendo lo stile manierista sia in Sicilia che in Calabria. Tra questi ricordiamo Giovanni Angelo Montorsoli, allievo di Michelangelo che dopo un lungo vagare si stabilì a Messina dal 1547 al 1557, lasciando numerosi seguaci, come Giuseppe Bottone, Martino Montanini, attivo a Messina dal 1547 al 1561 e collaboratore dello stesso Montorsoli.

Oltre alla scultura marmorea continuò anche la tradizione della scultura in stucco e di quella in legno che diede gli esiti più sorprendenti nel XVII secolo.

A ben studiare ed esaminare sotto il profilo storico-artistico la bellissima e preziosissima produzione scultorea giunta in Calabria dalla vicina Sicilia e che ancora oggi arricchisce e impreziosisce il patrimonio artistico-culturale di numerosissime chiese calabresi di altrettanti numerosi paesi arroccati sia sulle pendici aspromontane che disseminate anche lungo le coste,ci sono dei veri e propri capolavori della statuaria del marmo che inorgogliscono la storia e la nostra carta identitaria caratterizzata da una storia millenaria che riverbera la sua luce ancora oggi.

Relativamente al Rinascimento calabrese ritornano la figura di Antonello Gagini con il gruppo marmoreo de L’Annunciazione custodito nella chiesa di Bagaladi e sicuramente le personalità di scultori come Giovan Battista Mazzolo e del figlio Giovan Domenico e i costanti influssi di scultori molto vicini al Montanini.

A questi ultimi tre esponenti della scultura rinascimentali infatti si intreccia anche la storia artistica di Motta San Giovanni.

Infatti proprio la chiesa del Leandro custodisce questa bellissima statua marmorea di una Madonna con Bambino. La statua della Vergine èalta 1,60mt., poggia direttamente su uno scannello marmoreo e risulta essere mutila della mano destra che secondo quanto riferito dagli anziani, un tempo esisteva e reggeva tra le cinque dita un pomo.

Dal punto di vista iconografico, la statua è molto particolare; essa reca in braccio un bambino poggiato dolcemente sul fianco sinistro con le gambe delicatamente incrociate.

Lo scannello su cui poggia è particolarmente bello dal punto di vista artistico; esso infatti è costituito da cinque sfaccettature di cui tre scolpite.

Questa statua della Vergine è stata datata da Rocco Cotroneo al 1555 ed è stata attribuita da Alfonso Frangipane ad uno scultore dell’ambito di Montanini.

In seguito l’opera è stata attribuita alla bottega del Mazzolo e probabilmente a Giovan Battista, non senza evidenziare nelle scene dello scannello, la probabile mano del figlio Giovan Domenico per via dei rimandi all’arte dello scultore fiorentino Giovanni Angelo Montorsoli.

Secondo alcuni studiosi si tratterebbe proprio di un prodotto di scuola mazzoliana databile con estrema probabilità al quarto decennio del XVI secolo, sebbene lo stile impresso ai rilievi del basamento consentono di posticipare l’opera di poco più avanti e almeno alla metà del XVI secolo, quasi certamente dopo l’arrivo a Messina di Giovanni Angelo Montorsoli, chiamato a dirigere la fabbrica del Duomo nel 1547.

Prof. Saverio Verduci

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